Friday, November 24, 2006

 

Spedizione internazionale - Monte Pissis, 13-24 novembre - ITALIANO

Fiambala' (Argentina del Nord), 14 novembre 2006
Sono a Fiambala', una piccola cittadina situata nella desertica regione del Puna de Atacama (Argentina del Nord). Questa regione ospita oltre trenta delle circa cento montagne sudamericane che superano i seimila metri di altezza.
Sto partecipando ad una spedizione internazionale alla quale partecipano circa settanta alpinisti che ha per oggetto la conquista del Monte Pissis, il vulcano piu' alto del mondo. Si tratta di una montagna, non particolarmente difficile da un punto di vista tecnico ma il cui accesso e' particolarmente difficile e che presenta condizioni climatiche (vento e freddo intenso) che storicamente ne hanno limitato la conquista. Giusto per dare una idea si consideri che fino al 1999 meno di trenta persone avevano avuto il piacere di raggiungere la vetta di questa montagna.
Senza una logistica particolarmente pesante e' impossibile anche solo pensare di avvicinarsi al Monte Pissis, gigante di 6882 metri di altezza. Ci sono circa 160 km di percorso da Fiambala' al campo base del Pissis e, forse la cosa piu' importante, la meta' di questa distanza e' terreno desertico dove l'acqua manca totalmente. In termini pratici l'unica alternativa e' di rendersi in 4x4 fino al campo base, situato a circa 4600m; a questo punto si raggiunge il livello altrimetrico della neve permanente e quindi in condizione di ottenere acqua per fusione da neve e ghiaccio.
Le temperature che andremo ad incontrare sono assolutamente avverse ad ogni forma di vita (ad oltre 5000m si parla di notturne che possono scendere a -35 gradi centigradi) ed il vento fa il resto con circa 4-5 giorni per settimana di vento forte ad oltre 80 km/h.
Partecipo a questa spedizione con alpinisti di varia provenienza: Argentina, Spagna, Francia, Bolivia, Brasile, Colombia. Sono l'unico italiano. Siamo accompagnati da tre medici, giornalisti e da un reparto della gendarmeria che si occupera' di organizzare le questioni logistiche.
La spedizione e' organizzata dal governo locale a fini promozionali ed i costi di partecipazione sono molto contenuti. Sono titubante perche' partecipare ad una spedizione cosi' larga significa accettare una serie di compromessi e di restrizioni. Sopratutto significa abbandonare quella dimensione di riflessione e solitudine che sono una parte essenziale dell'alpinismo.
D'altra parte so anche che questo mi permettera' di conoscere persone con le quali organizzare future avventure.

Las Grutas (4000m), 16 novembre 2006
Da due giorni sono a Las Grutas, luogo situato a 21 km dalla frontiera cilena dove ha luogo il primo acclimatamento all'altitudine. Resteremo qui tre notti prima di muoverci verso il campo base del Monte Pissis che e' a circa 160 km, alle pendici della montagna ad una altezza di circa 4600m.
Con molta difficolta' sto vivendo le restrizioni che sono poste dal mio capogruppo. Questo e' senza dubbio dovuto al mio carattere ma anche dalla difficolta' di dover seguire le direzioni di qualcuno che di montagna ne capisce meno di me. Mi farebbe davvero piacere portarlo questo idiota incopetente su una cresta ghiacciata ed esposta e vedere come se la cava.
La mia condizione fisica e' eccellente, merito senza dubbio dell'intensa attivita' che praticvo da circa due mesi. L'ultimo controllo medico e' stato piu' che soddisfacente: pressione 110/70, 81 pulsazioni al minuto, ossigenazione del sangue a 95.

Las Grutas (4000m), 18 novembre 2006
Domani ci muoveremo verso il campo base. Stamane le divergenze con Victor, quell'idiota del mio capogruppo, hanno raggiunto il punto di rottura. Sono stato costretto a chiedere al capo della spedizione di essere incorporato in un'altro gruppo.
Visibilmente non sono l'unico a vivere la cosa in modo conflittuale. Due francesi, Daniel e Bruno, ed una boliviana, Denys, hanno avuto il mio stesso problema. Cosi' adesso ci ritroviamo tutti e quattro in un nuovo gruppo. Speriamo che le cose adesso vadano per il verso giusto.
Domani ci si muove in veicolo 4x4 al campo base del Pissis.

Campo base (4600m), 20 novembre 2006
Purtroppo Daniel e Bruno non hanno superato l'ultimo controllo medico e sono stati esclusi dalla continuare l'ascensione. Non sono stati i soli; degli oltre 70 partecipanti ne sono stai esclusi circa 25. Per motivi logistici (peso eccessivo del materiale) sto dividendo la tenda con Denys che e' in perfetta forma. C'e' da dire che Denys vive a La Paz, citta' situata a circa 4000m d'altitudine ed era dunque gia' abituata all'altitudine. Domani si muove tutto al campo 1, situato a 5350m. Sicuramente ci saranno altri malati. Fisicamente mi sento bene anche se ho delle difficolta' intestinali. L'aria qui e' molto secca ed e' difficile restare ben idratati, condizione primaria per andare di corpo. Ieri la temperatura e' scesa a circa dieci gradi sotto zero. Il vento e' meno forte del previsto, ma costante.

Campo 1 (5350m), 21 novembre 2006
Tre alpinisti sono stati costretti a scendere a causa di difficolta' legate all'altitudine, uno ha avuto difficolta' di carattere digestivo. A questa altitudine non v'e' piu' acqua allo stato liquido. Tutta l'acqua deve essere ottenuta per fusione di quel poco di neve che e' disponibile alla prossimita' del campo. La dimensione del campo e' sempre piu' piccola, i partecipanti diventano sempre piu' sporchi e sopratutto la fatica comicia a farsi sentire. Domani bisogna smontare tutto e passare al campo 2, situato a 5750m. Al di la' dei 5500-5800m il corpo non e' piu' in grado di abituarsi ad ulteriori aumenti di altitudine e si affatica fatalmente ogni giorni di piu'. Occorre in queste condizioni raggiungere l'obiettivo della cima nel piu' breve tempo possibile.

Campo 2 (5750m), 22 novembre 2006
Ci siamo, siamo in 38. Giornalisti e medici sono restati al campo 1. Reta solo un drappello dell'esercito che domani scalera' con noi la montagna.
Domani alle tre ci si sveglia, si mangia qualcosa e sopratutto si cerchera' di scaldare qualcosa nella notte fredda ed ostile (ieri a 5350m la temperatura e scesa a 18 gradi sotto zero) prima di intraprendere la scalata verso i 6882 metri della vetta del Pissis.

Campo base (4600m), 23 novembre 2006
Sono le ore venti ed ho appena montato la mia tenda al campo base. Sono alzato da circa quindici ore e comincio a sentire una forte stanchezza che solo le intense emozioni della giornata hanno potuto finora contenire. Il diario della giornata e' grandioso nella sua semplicita'.
Ore 3:00
Sono sveglio da circa mezz'ora, aspetto le siano le tre in punto prima di svegliare Denys che dorme profondamente. Non so come faccia visto che il freddo e' davvero intenso. Il mio termometro da campo misura una temperatura esterna di 27 gradi sotto zero.
Ore 3:30
Ho appena trovato la forza di accedere il mio fornello a benzina per poter sciogliere un po' d'acqua e fare una bevanda calda. Mangiamo un po' contro voglia quello che troviamo. Malgrado l'abbigliamento pesante sentiamo freddo; sopratutto ho freddo ai piedi. Le mie scarpe non sono adeguate alla attuale inclemenza del tempo. Nel cielo brillano le stelle come fossero punte di ghiaccio nella notte gelida ed immobile, siamo fortunati almeno non c'e' vento. Le due nubi di Magellano e la croce del Sud risplendono nel cielo. Si tratta di oggetti del cielo che non sono visibili dal nostro emisfero e questo rende la situazione attuale ancora piu' irreale.
Ore 4:20
Ci mettiamo in marcia. L'esercito e' partito alle tre e mezzo, Victor con il suo gruppo poco dopo. Visibilmente vuole garantirsi di arrivare in vetta per primo. Il freddo ai piedi e' intenso, devo muovermi il piu' rapidamente possibile per attivare la circolazione sanguigna ed evitare i geloni.
Ore 5:50
Sara' il freddo, la buona condizione fisica o la voglia di far bene ma l'incredibile sta succedendo. In meno di 90 minuti ho superato tutti e mi trovo solo sulla via normale di ascenso. Aspetto con impazienza che il Sole sorga; e' il momento piu' freddo della giornata e solo l'intensa attivita' fisica sta salvando dal congelamento gli arti inferiori. E' un coltello a due lame, perche' so anche che non potro' procedere per molto alla velocita' attuale senza fermarmi. Sono a circa 6000m e l'aria comincia davvero ad essere tenue.
Ore 6:30
6500m, devo decidere che strada prendere. Alla mia sinistra c'e' una percorso di terriccio e sfasciumi misti a neve, alla destra una cresta rocciosa sicuramente facile e poco tecnica. Le due vie portano a due vette che sembrano avere la stessa altezza. Una delle due e' la vetta principale, l'altra e' venti metri piu' bassa. Impossibile a circa 400 metri di distanza rendersi conto di una differenza cosi' modesta, dedcido di andare a destra. Il Sole e' sorto e la sua luce sta riscaldando il mio corpo. Questo mi permette di fermarmi e di riposare un quarto d'ora. Avanzare diventa difficile, la pressione atmosferica e' a 470 mbar, meno che la meta' al livello del mare.
Ore 8:40
Sono in vetta, ma e' quella sbagliata. La vetta principale e' alla mia sinistra, vicina che potrei quasi toccarla ma si sa, gli uomini non hanno le ali. Procedo lungo la cresta e scendo circa cento metri (altezza che avevo faticosamente conquistato durante l'ora precedente) fino ad un colle che mi permette di raggiungere il percorso che conduce alla vetta principale.
Ore 9:40
Eccomi finalmente sul punto piu' alto di questa fottuta montagna di sabbia e sassi. In 5 ore e 20 minuti sono riuscito a compiere l'impresa. Vorrei scendere subito, verso luoghi dove l'aria e' piu' densa e meno fredda ma voglio aspettare che arrivi il secondo alpinista per poter avere un testimone del mio successo.
Ore 11:00
Sono sulla via del ritorno. Velocemente procedo verso il campo 2, l'aria e' man mano piu' calda e la respirazione diventa piu' facile. Sono stato sufficientemente rapido per evitare il mal d'altitudine. Il mio corpo non ha avuto il tempo di rendersi conto che era stato condotto a quasi settemila metri. Mezz'ora fa ho incrociato Victor che non ha putoto esimersi dal farmi i complimenti. Nella mia discesa incontro gli occhi stanchi egli altri alpinisti che stanno lottando per guadagnare ogni minuto due o tre metri.
Ore 12:00
Arrivo al campo 2 e sono accolto dall'incredulita' delle persone che erano rimaste al campo perhce' non se la sono sentita di tentare l'ascensione della montagna. In meno di otto ore sono arrivato in vetta e sono tornato. Sono in uno stato di grazia, non so questa forza da dove venga.
Smonto la tenda, carico il mio zaino e scendo verso il campo base. Anche questa e' andata.
Le interviste, fotografie e riprese che mi faranno sono parte di un circo mondano che non ci interessa e che fortunatamente durera' poco.
Quello che mi interessa e' sapermi in buona salute e pronto alla prossima montagna, il Nevado de Cachi, verso il quale mi rendero' fra qualche giorno.

Saturday, November 11, 2006

 

Parque Nacional Sajama, 3-8 novembre 2006 - ITALIANO

Sajama, 3 novembre 2006
Dopo aver trascorso tre giorni per spostarmi dall'Ecuador alla Bolivia ed altri quattro visitando lo stupendo lago Titicaca eccomi a Sajama, minuscolo villaggio boliviano di 200 anime situato nel cuore dell'omonimo parco nazionale. Il Cile e' in linea d'aria a meno di venti chilometri e quest'aria di frontiera si senta nei luoghi e nei discorsi delle gente del posto.
Il villaggio da' il nome al Nevado Sajama, la vicina montagna che con i suoi 6540m rappresenta il punto culminante della Bolivia. Domani si ricomincia con un'altra avventura, prima il Nevado Sajama ed a seguire il Volcan Parinacota. Sono disteso su un letto discretamente confortevole (per gli standards di questo viaggio intendo, naturalmente) e mi chiedo come saranno i prossimi giorni. Domani utilizzero' un animale da soma per trasferire il materiale fino al campo base (4700m). A quel punto saro' di nuovo solo faccia a faccia con una montagna di oltre 6500m, anche se tecnicamente non troppo difficile. Il giorno dopo spostero' tutto il materiale al campo alto, una piazzola situata su una cresta rocciosa a circa 5700m e da li' se le condizioni fisiche e metereologiche lo permettono tentare l'assalto alla vetta. In realta' potrei gia' domani portare tutto il materiale al campo alto ma sarebbe davvero tentare il diavolo. Il villaggio dove sono ora e' a 4250m ed a queste altitudini guadagnare 1500m in un giorno e' eccessivo; inoltre dal campo base al campo alto non avro' l'aiuto di alcun animale da carico. La Bolivia e' un paese decisamente interessante con una cultura varia e profonda. Peccato che versi in delle condizioni cosi' disastrose. Nevado Sajama (Campo base), 4 novembre 2006 ore 13:00
Nuova montagna, nuovo campo base. E potrei dire vecchia noia. E' difficile, sopratutto quando si e' soli, tenersi occupati in un posto del genere. Avessi almeno un libro da leggere.
Da un paio d'ore minaccia di piovere ma per il momento solo nuvole e vento. La via di ascensione al Sajama sembra facile. Domani spostero' il materiale fino al campo alto e questa volta con il solo aiuto della mia schiena. Davvero non era possibile farlo oggi, una montagna di oltre 6500 metri non si scala in due giorni!
Il paeseggio e' desertico, ma di una austera bellezza. La ridotta densita' dell'aria e l'assenza di umidita' rendono ogni dettaglio incredibilmente nitido, non posso che invitarvi a dare uno sguardo al mio sito abituale. Credo che un fotografo esperto potrebbe tirare da questi paesaggi delle fotografie eccezionali.

Nevado Sajama (Campo base), 4 novembre 2006 ore 16:00
E' appena cominciata una fitta grandinata. E' anche nevicato per poco piu' di un'ora ma con poca intensita'. Adesso tutto e' immerso nelle nuvole, ma non c'e' vento. Non fa troppo freddo, stranamente.

Nevado Sajama (Campo alto), 5 novembre 2006
Una tappa molto faticosa quella di oggi. Quasi mille metri di dislivello (campo base 4700m, campo alto 5680m) e per di piu' ero carico come un mulo. Due ore fa un momento di panico: il fornello non voleva saperne di funzionare. Dopo averlo smontato, ridotto in una ventina di pezzi, pulito ogni singolo elemento e sopratutto dopo due ore di bestemmie sembra funzionare di nuovo. Credo che meriti una controllata da una persona del mestiere. Gia', dove?
A questo punto mi restano circa 800 metri per arrivare in cima. Domani sara' una giornata dura anche - e sopratutto - perche' dovro' partire alle tre del mattino e di solito ho grosse difficolta' a dormire la notte del "summit day", specie quando mi devo alzare cosi' presto. C'e' da dire inoltre che stasera fa' decisamente molto, molto freddo.

Sajama, 6 novembre 2006
Questa volta non ho granche' di esaltante da raccontare circa questa ascensione. Tutto e' andato liscio come l'olio e come secondo i piani. Come previsto ieri notte non ho dormito, all'una ho quindi deciso di lasciare la tenda e di intentare la scalata sotto il cielo illuminato da una luna al primo quarto. Senza grosse difficolta' ho superato la cresta nord-ovest, il punto chiave della scalata. Arrampicando su rocce miste a ghiaccio ho potuto evitare un largo campo di penitenti (vi evito di nuovo le spiegazioni circa questa curiose formazioni nevose tipiche dei paesi andini) e quindi mi sono trovato a 6000 metri su una distesa nevosa a circa 30 gradi di pendenza. In circa tre ore ero in cima, foto di rito ed a seguire niente di sorprendente. Discesa lungo il percorso di scalata, ritorno al campo alto, recupero del materiale e discesa al campo base dove con perfetta puntualita' mi aspettava il mulattiere con i suoi asini per ricondurmi al villaggio di Sajama.
Fra poco credo che cadro' fra le braccia di Morfeo. C'e' da riposarsi perche' oggi e' stato un giorno duro e domani si riparte alla volta del Volcan Parinacota. E solo per raggiungere il campo base occorrera' marciare per piu' di venti chilometri.

Volcan Parinacota (campo base), 7 novembre 2006
Giornata faticosa, ma di soddisfazione. Partenza dal villaggio di Sajama alle undici del mattino e dopo aver percorso oltre 20 chilometri con due asini, eccomi al campo base per l’ascensione del Parinacota. Si tratta di uno spiazzo coperto di polvere vulcanica nerissima, situato fra due gigante di oltre 6000 metri e situato a meno di un chilometro dalla frontiera cilena. Fino a qualche decennio fa c’erano ancora grosse porzioni di campo minato risalenti al conflicto che oppose Cile e Bolivia per il controllo di una vasta porzione di territorio che alla fine ando’ al Cile. Il tempo e’ tutt’altro che buono. Fa’ molto freddo e nevica intensamente, sono le undici della notte e fra due ore conto di cominciare la scalata perche’ il freddo e’ troppo intenso per poter anche solo pensare di dormire. Il fornello a benzina mi ha definitivamente lasciato dunque ho scorte di acqua limitata (non posso sciogliere neve) e non posso prepararmi alcun pasto caldo. In queste condizioni e’ meglio muoversi ed il prima possibile perche’ rischio di stancarmi ancora di piu’ nel vano tentativo di riposarmi.

Sajama, 8 novembre 2006
E’ strano come si possa ridurre in poche linee l’immenso sforzo della giornata odierna. Partenza dal campo base alle due del mattino, sette ore semplicemente allucinanti per arrivare in vetta, ritorno al campo base alle undici e dopo essermi ricongiunto con il mulattiere e gli asini, ritorno al villaggio di Sajama alle cinque del pomeriggio. Sembra la fredda telecronaca di una partita di calcio ma e’ andata proprio cosi’. Molta fatica, sopratutto per vincere un immenso campo di penitenti situato a 150 metri dalla vetta, molto sonno per via della notte in bianco e molta motivazione per percorrere i venti chilometri che mi separavano dal villaggio di Sajama. Per il resto una ascensione tecnicamente facile anche se resa dura dalle condizioni metereologiche avverse (vento e neve).

Friday, November 10, 2006

 

La Paz, 2nd November 2006 - ENGLISH

I have been a bit lazy during the last two weeks and have not updated my blog with any news in English. All my sincere apologies to all my English-speaking friends.
Since the unsuccesful climb of Chimborazo a few things have happened. First of all I managed to climb the mountain though it wasn't a piece of cake. The second time I attempted the climb I found myself very sick as soon I got to the Whymper Hut. Very likely the cheap rice and shrimps I had in Quito were somehow returning to life in my stomach.
After three days spent taking antibiotics and 1 gram of paracetamol each 4 hours (I am serious), I felt again in the conditions to try the climb again. On October the 22nd at 7:25 am I was standing on the top of Chimborazo. This time I was not the only person climbing the mountain and actually this made my satisfaction bigger. A local guide with his two French clients decided to interrupt the climb because the conditions of the mountain were too difficult. Imagine the satisfaction I felt when I finally got to the top; the cost in terms of physical well-being was not minor, however. The illness and the climb made me lose at least an half stone and I felt weak as ever, it was clearly the time to take a long break before planning any new climb. Also my climbing plan in Ecuador was over.
After a few days spent eating, drinking and sleeping in the enchanting colonial city of Cuenca (South of Ecuador, pictures available on www.flickr.com/photos/silviosparano73/sets) I moved in the direction of La Paz, Bolivia.
Now everyone that has a small idea of the geography of South America knows that between Ecuador and Bolivia there's a vast country called Peru. Well, I guess this fact was in a mind a small detail was I started my trip from Cuenca to La Paz. The trip was simply orrendous: five different buses over a distance of about 1,500 miles, 52 hours travelling including a stop of six hours in a smoggy, dirty bus station somewhere in Lima. It was too much, even for me.
A few hours before getting the border between Peru and Bolivia I realised I was close to Titicaca Lake, an amazing lake placed at about 4,000 meters of altitude.
There's no word that cannot explain the extreme beauty of this place. No surprise the earliest pre-colombian civilitations decided to settle here more than twenty centuries ago. The all place immerged in an amazing blue light. It is difficult to say which blue is the most amazing, the light and clear of the sky or the intense and vivid of the sea. Again I welcome you to give a look to the pictures, they speak by themselves.
But any dream comes to end and a few days after spent enjoying the beauty of Titicaca (and its excellent fish) my desire of verticality got again stronger than anything else. Right now I am in La Paz and I am planning my next expediction. Tomorrow I will move toward the Cordillera Occidental, a chain placed in a semi-desertic area in the West of the country. The objectives this time are Nevado Sajama (6,548m the highest mountain of Bolivia) and Volcan Parinacota, a beautiful vulcano that with its 6,330m marks the border with Chili. Though not difficult ascents I am going to be absolutely alone this time and the logistics of the two climbs are going to be the key factors for the success.

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