Saturday, July 14, 2007

 

Cordillera Huaywash, 25 giugno - 6 luglio 2007 - ITALIANO

Huaraz, 8 luglio 2007
Dopo una settimana passata scalando nella Cordillera Blanca continuiamo la nostra avventura nella Cordillera Huaywash, probabilmente la catena montuosa piu' selvaggia e meno scalata fra le principali del continente sudamericano, per circa dodici gioni.
Qui troverete il riassunto di undici intensi giorni passati in questa remota zona del Peru, il riassunto di quello che e' stata una vera avventura.
Scalare nella Cordillera Haywash e' stato davvero duro. I nostri obiettivi erano forse troppo ambiziosi, probabilmente al di la' delle nostre capacita'. Ed a dirla tutta le condizioni della neve e del ghiaccio non erano quelle sperate. Le montagne della Cordillera Haywash sono scalate molto raramente, e per raramente intendo che le principali sono scalate qualche volta in una diecina d'anni. Tutta l'organizzazione di questa spedizione e' pianificata con una mancanza strutturale di informazioni, ma questa e' una inevitabile parte del gioco.
Lasciamo Huaraz il 25 giugno sapendo che stiamo andando incontro ad una vera e propria esplorazione. L'intera catena montuosa non e' visitata da piu' di tre o quattro spedizioni in un anno e siamo perfettamente coscienti che laggiu' saremo soli. Naturalmente questo amplifica i rischi che corriamo, sappiamo che dovremo essere al cento per cento dipendenti da noi stessi.
Il nostro piano iniziale e' di scalare il Jirishanca - uno dei seimila metri piu' difficili delle Ande - lungo la "Via Cassin", una cresta nevosa scalata per la prima volta da una cordata di italiani che comprendeva i leggendari alpinisti Cassin e Ferrari.
Rapidamente ci rendiamo conto dei rischi oggettivi di scalare nella Cordillera Huaywash. Il terzo giorno, mentre stiamo risalendo la morena del ghiacciaio per stabilire il nostro secondo campo sentiamo un forte rumore venire da una vicina montagna Una enorma valanga di neve polverosa ha appena attraversato la parete ovest del Rondoy. Qualunque alpinista che si fosse trovato li' sarebbe stato trascinato mille metri piu' giu', anche se ancorato alla parete nel migliore dei modi possibile. Ci rendiamo conto che e' indispensabile scegliere una via di ascenso che sia potenzialmente il piu' possibile libera dal rischio di valanghe o di caduta di seracchi (facile a dirsi).

Valanga

Appena stabiliamo il nostro secondo campo risulta evidente che attualmente non e' piu' possibile scalare il Jirishanca lungo la "Via Cassin". Negli ultimi sette anni il riscaldamento globale ha completamente distrutto la maggior parte di quella che era una via classica di ascensione. Dove prima v'era una elegante cresta verticale di neve e ghiaccio adesso c'e' solo ghiaccio vivo e roccia. Con l'obiettievo di evitare il rischio di valanghe e di caduta di seracchi decidiamo di scalare la montagna lungo la via anglo-americana, una via di neve e ghiaccio con una pendenza di circa 70 gradi che e' encora in buone condizioni. Dopo due giorni passati transitando sul ghiacciaio che circonda il Jirishanca nel tentattivo di trovare una via di accesso alla base della montagna ci diamo per vinti. E' chiaro che ormai la montagna e' totalmente circondata da una serie praticamente infinita di crepacci ed ed e' ormai accessibile solo ad una spedizione organizzata con mezzi che non sono stati contemplati nel nostro stile alpino leggero.

Il Jirishanca e' totalmente circondato dai crepacci

I nostri piani cambiano. Decidiamo di scalare il Yerupaja (6600m, la seconda montagna del Peru) un obiettivo possibilmente anche piu' difficile del Jirishanca. In meno di una giornata raggiungiamo un luogo sicuro del ghiacciaio ed a 5650 stabiliamo il nostro campo alto.

Yerupaja, campo alto (5600m)

Il giorno dopo all'una del mattino ci muoviamo con l'intenzione di scalare il Yerupaja lungo una via diretta che percorre la faccia ovest. Dopo aver negoziato un difficile crepaccio alle tre cominciamo a sclare la faccia ovest, coperta da ghiaccio duro con inclinazione di crica 70 gradi. Il ghiaccio e' duro ma purtroppo non compatto, al colpo di picozza si frammenta senza garantire alcuna tenuta. Occorre tre volte piu' tempo per piazzare le nostre viti da ghiaccio. Siamo lenti e con il prossimo sorgere del Sole il rischio di una valanga e' alto. Negli ultimi giorni abbiamo osservato diverse valanghe a sinistra ed a destra della stretta via che stiamo scalando. In verita' la nostra via e' libera da rischi oggettivi ma il problema e' che alla nostra velocita' attuale abbiamo minime possibilita' di arrivare in vetta prima del tramonto. Su mia pressione poco prima di raggiungere 6000m decidiamo di interrompere la scalata e fare ritorno al campo. Ci sono piu' di quindici tiri di corda da scalare piu' la discesa. Davvero troppo.
Sotto le luci dell'alba possoi vedere il grandioso spettacolo dell'abisso che si apre sotto di noi. Credo che il novantanove per cento delle persone che conosco avrebbere un infarto stabdo qui solo per qualche secondo.
Ci riposiamo due giorni e decidiamo scalare un'altra montagna, il Rasac. La scalata e' classificta AD (abbastanza difficile) ma rapidamente ci rendiamo conto che e' molto piu' difficile di quanto preventivato. Dopo una lunga e travagliata scalata lungo una instabile e stretta cresta arriviamo in vetta, anche se tardi e dopo aver preso l'enorme rischio di scalare delle cornici di neve strabiombanti senza corda ne' protezioni su ghiaccio. La cresta del Rasac e' costituita da neve compatta ma sottile; cosi' sottile che ad un certo punto della scalata senza volerlo l'attraverso da parte a parte con la mia picozza scoprendo la vallata che e' ottocento metri piu' giu'. Immediatamente prendo una ragionevole distanza dall'estremita' della cresta cercando un compromesso tra le necessita' di procedere lungo la cresta e l'inevitabile rischio connesso.

Procedendo lungo la cresta verso la vetta del Rasac

Tutto sembra andare per il meglio ma lungo la discesa le cose cambiano. Ridiscendere il Rasac lungo la via di ascensione e' per me follia pura. Su mio suggerimento decidiamo di calarci in corda doppia lungo la rocciosa faccia est. Sono le quattro e mezzo del pomeriggio ed dobbiamo trovare una rapida via d'uscita. Alle sei siamo a soli 30-40 metri dalla base del ghiacciaio. Solo 30 o 40 metri e siamo fuori da questa maledetta parte di roccia marcia! Purtroppo non riusciamo a trovare uno sperone di roccia o una fessura dove realizzare un ancoraggio e l'inevitabile succede. E' notte e ci troviamo totalmente bloccati su una stretta terraza senza possibilita' di movimento. Siamo senza cibo, acqua, con abiti inadatti alla notte e siamo a 5700 metri senza altra possibilita' che aspettare che il Sole faccia il giro della Terra e torni a brillare su di noi.
Non possiamo dormire, perche' lo spazio a nostra disposizione e' appena sufficiente per sederci e non possiamo ancorare i nostri imbraghi a niente di solido. Se questo fosse possibile avremmo potuto abbandonare la parete; nell'errore di sottostimare la difficolta' della montagna non abbiamo portato con noi nessun chiodo da roccia. Addormentarsi equivale a cadere lungo la faccia rocciosa del Rasac.
Le dodici ore piu' lunghe della mia vita. In dodici ore ci sono 720 minuti, in 720 minuti oltre 43.000 secondi. Ogni secondo e' speso aspettando l'alba, pregando che questa fredda notte a 5700m finisca. Abbiamo freddo, fame e sete e dobbiamo alzarci ogni mezz'ora su questa stretta "terrazza", larga appena un metro, per riattivare la circolazione ed evitare che le nostre estremita' congelino (cio' che accade, anche se minimamente, al mio piede sinistro).
Ma non v'e' notte lunga abbastanza da non terminare ed alle sette il Sole e' di nuovi li' a riscaldarci. Mike scala uno sperone roccioso, trova un ancoraggio solido e piazza la corda. Scendiamo come ragni lungo la corda saldamente ancorata lungo la parete strabiombante, raggiungiamo finalmente il ghiacciaio e finalmente siamo di nuovo liberi di muoverci senza costrizioni. Il nostro campo e' a sole tre ore e da li' in circa tre giorni saremo di ritorno al villaggio piu' vicino.
Se fossimo delle persone normali avremmo dichiarato la nostra avventura in Peru terminata ma ci sono ancora nove giorni prima che i nostri aerei lascino Lima e vogliamo scalare almeno un'altra montagna. Domani lasceremo Huaraz per scalare il Huascaran, la piu' alta montagna del Peru' (6770m). E vogliamo scalarla lungo una via impegnativa, la parete Ovest chiamata anche "El Escudo" ("Lo Scudo). Cibo, materiale, informazioni e logistica e' stato organizzato durante gli ultimi due giorni. Speriamo di completare questa scalata in quattro giorni, in una settimana saprete se avremo avuto successo.

Comments:
Che avventura quel bivacco ! E quella cresta anche, davvero da brivido... ghiaccio a SETTANTA gradi? madonna che pelo. Aspetto la prossima puntata. Un carissimo saluto da Alessandro.
 
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